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The head in the clouds or the thoughts of clouds

In Uncategorized on 17 May 2014 at 1:43 PM

nuvole

We used to say: Verba volant, scripta manent.

Nowadays there is no piece of paper that in a few seconds can’t be transferred on another sheet on the other side of the world. Scripta volant

From this phrase a question arises: what is the change?

I don’t have the answer but I am looking into some fragments of everyday life

 

I think about the change by reflecting about  pain

I turn on my computer and I read some posts about the death of the father of a friend. The death had occurred recently and the son, instantly,  wrote the news on Facebook, informing everyone about the sequence of events.

I had never thought about  pain as something to be put in public. I thought that  at that  particular moment , a tear running down  the face slowly would have been more comforting than the   fast tapping on the keyboard.

 

I think about  change by reflecting about postcards

A postcard brings many things with it: the exclusivity of the message, the care and the time taken for  selection, purchase of the stamp, the search for the big red hole in which to entrust it.

I think that I’ve really spent a long time since I last received a postcard, on the other hand I often have the inbox of  my email  full.

With a readily available click everything is given  to  immateriality,  waiting is replaced by the immediacy,  paper by  files,  images by videos

The bit has replaced the certainty of the moment, the embrace of the narrative, the intensity of the voice and the depth of the look.

 

I think about change by reflecting about the clouds

It’s raining and I think that I’ve never taken an umbrella. I’ve always seen it as an obstacle

between me and the sky, a barrier that prevented me from looking up and admiring the clouds.

And then the water that comes down, this eternal transformation, a drop never the same as another. The water and the changes. The clouds and the changes

My childhood dreams entrusted to the clouds, and now that I am an adult I use the clouds, entrusting documents, photos, pictures and a few videos.

 

The dream backwards

What happens if instead of water from the clouds it rains down bits?

Words, numbers, formulas, photos, graphics, colors would go down and the land would become a tangle of sheets  put on each other silently and randomly.

We should start to build our own history, we should not tell it with our own words but, we should paint it with unknown shades.

Everyone should learn to share a part of themselves with others and give meaning to what they are doing.

 

—-

Stamattina mi sono svegliata e aprendo il libro che ho sul comodino leggo «Verba volant, si diceva un tempo, scripta manent. Oggi non c’è pezzo di carta che in pochi secondi non sappia atterrare incolume su un altro foglio dall’altra parte del mondo. Scripta volant» (Marini 2005:135).

 

Questa frase mi fa riflettere su cosa rappresenta, per me, il cambiamento.

Con la nascita viene sancito il primo grande cambiamento: dal grembo protettivo al chiasso del mondo. Impariamo a leggere e passiamo dal suono della voce alla magia delle parole, con l’adolescenza non vogliamo più le carezze e le coccole ma ci prepariamo a farle.

Poi diventiamo adulti e altri cambiamenti attraversano la nostra vita.

Cosa è il cambiamento?

Non riesco a trovare una risposta ma mi tornano in mente alcuni frammenti quotidiani.

 

Penso al cambiamento riflettendo sul dolore.

Sono convinta che il dolore sia un sentimento intimo, che a volte ci paralizza, altre ci fa arrabbiare, altre ancora ci fa cambiare le priorità delle cose.

Non avevo mai riflettuto sul dolore come qualcosa da mettere in piazza. Solitamente non frequento Facebook o i social network in generale, in particolar modo non li frequento appena sveglia la mattina. Un giorno, sbirciando sul computer, ho letto alcuni messaggi che si incrementavano velocemente relativi alla morte del papà di un amico. Il decesso era avvenuto da poco e il figlio, contestualmente, ne scriveva la notizia su Facebook, informando tutti sul susseguirsi degli eventi: ora del funerale, agenzia di pompe funebri, allestimento della chiesa e altre informazioni che mi sono rifiutata di leggere.

Ho trovato molto sgradevole tutto ciò e ho pensato che in un momento così particolare, che segna un cambiamento profondo nella vita di ciascuno, una lacrima che scende lenta sul viso sarebbe stata più consolatoria del ticchettio veloce della tastiera.

 

Penso al cambiamento riflettendo sulle cartoline

Care e vecchie cartoline, memoria di località di vacanza e di cari saluti.

Frasi brevi, disegni e firme che provocano gioia quando le si leggeva, ansia e curiosità mentre le si aspettava,  nostalgia ora che le si ritrova tra i libri o nei cassetti.

Una cartolina porta con sé tante cose: l’esclusività del messaggio, la cura e il tempo per la scelta, l’acquisto del francobollo, la ricerca della grande buca rossa a cui affidarla.

Penso che è trascorso veramente tanto tempo dall’ultima cartolina ricevuta, in compenso ho spesso la casella di posta elettronica piena.

Click a portata di mano, tutto è affidato all’immaterialità, l’attesa è sostituita dall’immediatezza, la carta dai  files, le immagini dai video. La firma, quel segno grafico posto in calce che ne permetteva l’immediata riconoscibilità è sostituita dall’elenco dei recapiti (phone, mobile, mail, skipe), lo stropicciamento della carta è sostituito dalla notifica dell’antivirus che garantisce la sicurezza del messaggio.

Comunicazioni, notizie, auguri …. nella maggior parte dei casi sono impersonali, inviati in serie ( i meno accorti lasciano visibili gli altri destinatari) e a volte spediti alle due di notte!.

Il bit ha sostituito la certezza dell’istante, l’abbraccio della narrazione, l’intensità della voce e la profondità dello sguardo.

 

Penso al cambiamento riflettendo sulle nuvole

Piove e a me la pioggia non da malinconia, anzi. Piove e penso che non ho mai preso un ombrello. L’ho sempre visto come un grosso ostacolo tra me e il cielo, una barriera che mi impediva di guardare in alto e ammirare le nuvole. E poi l’acqua che viene giù, questa eterna trasformazione, una goccia mai uguale all’altra. L’acqua e il cambiamento.

Le nuvole e il cambiamento. Sembrano mondi lontani. Non lo sono.

Il naso all’insù con la pioggia sul viso e i sogni di ragazza affidati alle nuvole.

Ma ora sono grande. Non affido più i sogni alle nuvole (anche se ciò non mi impedisce di sognare), adesso le nuvole le uso.

Nella mia nuvola, alla quale ho anche dato un nome e una password, conservo i documenti, le foto, le immagini, qualche video e da poco anche i libri (in formato digitale si intende).

 

Il sogno all’incontrario

Le nuvole sono diventate un enorme deposito, una sconfinata marea di megabyte pronti per essere presi, manipolati, salvati, condivisi. Ciascuno può comprare una nuvola, scrigno segreto dentro cui salvare qualsiasi cosa, depositare parte di sé.

Se continuiamo a riempirle senza limiti, che cosa accade se anziché acqua dalle nuvole piovono bit?

Parole, numeri, formule, foto, grafici, colori verrebbero giù, atterrando fragorosamente sull’asfalto.

La terra diventerebbe un groviglio di fogli che si poserebbero gli uni sugli altri senza far rumore e in modo casuale.

Gli uomini non avrebbero più la loro storia, le loro immagini, la loro musica ma parole, immagini, musica a cui dare significato.

Bisognerebbe ricominciare a costruire la propria narrazione, raccontarla con parole non proprie, dipingerla con sfumature sconosciute. Ciascuno dovrebbe imparare a condividere parte di sé con gli altri dando senso a ciò che sta facendo.

«Forse ritornerebbe prepotente il sentimento della solidarietà. Dovremmo metterci insieme, riflettere, aprirci agli altri, ascoltarne le esperienze, le aspettative e i sogni i e contemporaneamente raccontare i nostri. Ci metteremo insieme per ricostruire» (Bauman 2013).

Realizzare che la vita non è lo schermo, che l’emozione non è una emoticon, che la ritualità di un incontro non è un bip di chiamata.

In questa rivoluzione che ci sta attraversando (essere qui e ovunque, con le radici e con le ali, soli e in mezzo ad altri, in silenzio e tra il chiasso, essere contemporaneamente uno, nessuno centomila) non esiste il tasto Delete per eliminare in un attimo quello che non ci piace, ma esiste la libertà  di fare click sul tasto Disconnetti per avere il giusto equilibrio di pieni e vuoti, per aprire porte e intravedere percorsi. Che sia questo il cambiamento?

 

 

Riferimenti bibliografici

 

Marini, L.  2005. Note. Milano: Lupetto – Editori di Comunicazione,

Bauman, Z. 2013. Lo spirito e il clic. Cinisello Balsamo (Mi): Edizioni San Paolo

Giuseppina Marselli

Giuseppina Marselli, funzionario informatico presso il Dipartimento di Storia Società Studi sull’Uomo dell’Università del Salento. Laureata in Scienze dell’Informazione mi occupo di apprendimento e tecnologia ed ho un particolare interesse per gli  aspetti comunicativi multimediali legati all’utilizzo dei nuovi media in ambito formativo e non. Partecipo a vari progetti  di ricerca e continuo a studiare l’impatto emotivo e relazionale che la tecnologia esercita sulla nostra vita. Mi occupo di progettazione e di realizzazione di Learning Object usabili su differenti temi che spaziano dall’intercultura  alla comunicazione.

 

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